Resoconto della 46a Convocazione Nazionale

In apertura di convocazione è stato letto il messaggio di saluto del Santo Padre che ha auspicato che “l’incontro susciti nuovo slancio missionario per diventare testimoni gioiosi del Vangelo” incoraggiando “a radicarsi saldamente in Cristo per seguire il suo esempio di donazione umile alla Chiesa e ai fratelli“.

Il Card. Matteo Zuppi, presidente della Cei ha quindi rivolto un saluto con un video messaggio ricordando come “Lo Spirito, come a Pentecoste, apre, ci porta verso gli altri e ci fa trovare, oggi, le parole importanti per toccare il cuore di tante persone” la consapevolezza del nostro essere figli dell’unico Dio Padre rappresenta “l’inizio della nostra fede, che va sempre più irrobustita. Sono in tanti a dire che non credono: sta a noi, allora, aiutarli a riscoprire le parole della fede più vicine, che sono già dentro di noi”. “Quando sosteniamo gli altri a sentire Dio come nostro Padre, significa che siamo fratelli: non lasciamo nessuno nella solitudine dilagante, c’è tanto abbandono nel mondo e lì purtroppo prende corpo un senso della vita pericoloso. La vita stessa invece vale sempre e sempre dobbiamo amarla, promuovendo tra noi e con tutti la vera fraternità”

A tenere la relazione di apertura è stato fr. Hayden Williams, Predicatore itinerante del Vangelo nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Citando Sant’Agostino (“Non uscire fuori da te, rientra in te stesso. Nell’uomo interiore abita la verità”) fr. Hayden ha spiegato che “per scoprire questa verità che abita l’uomo, si ha la necessità dello Spirito Santo, pronto a rivelare un Dio amico della gioia della vita, del piacere legittimo. Lo Spirito, infatti, aiuta a gridare: Abbà, Padre! È un Padre, il nostro, che ama i poveri: è buono, misericordioso, tenero e soffre con l’uomo”. “E’ necessaria una nuova effusione dello Spirito, per una maggiore conoscenza del Padre. Lo Spirito Santo ci dona di accogliere la ricchezza della nostra eredità, che non possiamo farci togliere”. Da qui anche l’esortazione per noi tutti a non esprimersi solo con “canti e preghiere” ma a tornare all’essere carismatici come alle origini.

Durante la Concelebrazione eucaristica, che ha chiuso la prima sessione, don Michele Leone, consigliere spirituale nazionale ha ricordato che “Gesù si rivela come la via che conduce a qualcuno (cf 10,7.9), in questo caso, al Padre, Egli è l’unica via che conduce a Lui”. “Gesù si rivela poi come la verità. Egli è la realtà divina manifestata: ‘Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi’ (Gv 15,15b)” e la vita: quella realtà divina partecipata agli uomini: ‘In lui era la vita’ (Gv 1,4)”. Questo -ha concluso- è “il fondamento dell’autentica vita carismatica, le coordinate della vita nuova nello Spirito che con la sua costante effusione porta a compimento l’opera di Gesù in noi”

La prima parte della seconda giornata è stata dedicata all’incontro con la Misericordia del Padre. Il card. Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, ha rivolto un intervento in apertura riferendosi al grande evento giubilare e a questo anno, voluto da Papa Francesco come anno dedicato alla preghiera con un appello al popolo del Rinnovamento: “Voi fate della ‘preghiera nello Spirito’ l’esperienza quotidiana, e siete direttamente coinvolti nel sentirvi partecipi di quei ‘gemiti inesprimibili’ che raggiungono Dio per dare voce alla nostra debolezza. Dobbiamo accogliere in noi quindi la forza dello Spirito Santo per far sentire la nostra voce a Dio nella maniera coerente ed efficace”.

Mons. Santo Marcianò, arcivescovo ordinario militare per l’Italia ha quindi celebrato la Liturgia penitenziale meditando la parabola del figliol prodigo. Riferendosi ai “tanti peccati contro la giustizia, le cui conseguenze cogliamo su larga scala ma che si annidano sempre nel cuore dell’uomo”. Mons. Marcianò ha ribadito che “se si tocca la vita di un solo uomo si tocca l’umanità tutta, si tocca la libertà, si tocca la pace”. “Il peccato ci fa schiavi, anche quando esso coincide con una rivendicazione di libertà da parte nostra; una rivendicazione personale o, a volte, una rivendicazione sociale, politica, economica”. Come ricordato da Papa Francesco recentemente, riscopriamo dunque che “solo ‘la via dell’abbraccio è la via della vita’ e che ‘un abbraccio può cambiare la vita’”.

Nell’omelia pronunciata durante la Concelebrazione Eucaristica, il card. Parolin ha richiamato la gioia dell’annuncio della salvezza e della liberazione dal peso del peccato, annuncio che è dono per ciascuno di noi e missione per tutti i fratelli del Rinnovamento, chiamati come nuovi apostoli a vivere nel mondo con sentimenti di tenerezza, bontà, perdono reciproco, per essere testimoni autentici della misericordia del Padre.

Il pomeriggio della seconda giornata è stato vissuto inizialmente con una potente preghiera ecumenica con rappresentanti di alcune Chiese Cristiane. La giornata è quindi proseguita con il festival dei giovani, ricco di momenti esperienziali e rappresentazioni di grande bellezza e impatto, a testimonianza della forza e della straordinaria bellezza delle nuove generazioni. Ai giovani spetta un posto da protagonisti nella vita del Rinnovamento e della Chiesa. Anche il gruppo musicale dei Gen Rosso è intervenuto coinvolgendo l’assemblea con alcuni brani e testimonianze della loro vita nel movimento dei Focolari di Chiara Lubich.

La giornata conclusiva è stata vissuta con le relazioni del Coordinatore Nazionale Rosario Sollazzo e del Presidente Nazionale Giuseppe Contaldo, che ha evidenziato come “le parole di Gesù comunicano l’ardente desiderio di Dio: darci il suo Spirito è la sua volontà, la sua gioia, la verità che ci insegna e ci ricorda ogni parola del Signore”. Perciò, “per noi credenti pregare e invocare lo Spirito Santo dovrebbe essere pane quotidiano” perché “senza di Lui non possiamo fare nulla”. “L’essere figli di Dio -ha ricordato- non è un fatto automatico, dato e scontato, si tratta piuttosto di una realtà dinamica. La figliolanza divina in unione con Gesù Cristo equivale al lasciarsi guidare dallo Spirito, cioè significa una vita vissuta in docilità allo Spirito e retta dai suoi principi e dalla sua forza”. Il Padre non ci abbandona mai e tutto è possibile in Gesù. Dunque, possiamo fare nostre le parole di Santa Teresa D’Avila “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, solo Dio basta”.  Dobbiamo uscire da noi stessi per entrare in una pienezza di umanità verso un orizzonte nuovo da vivere secondo la Parola del Vangelo. Allora forse non cambieremo il mondo ma potremo essere autenticamente “matita di Dio”, come amava dire Madre Teresa di Calcutta.

Rosario Sollazzo ha richiamato la necessità di non avere paura della santità con una riflessione in quattro punti: “La santità come accoglienza del dono dello Spirito Santo per viverlo”: vivere l’amore consapevoli che lo Spirito Santo abita in noi. “Coltivare la santità”: Dio è amore e chi rimane in Lui dà amore. Coltivare significa nutrirsi dei sacramenti, della preghiera e del servizio ai fratelli. “Vivere la santità”: essere “perfetti come lo è il Padre che è nei cieli”. Infine, “diffondere la santità”: vivere l’amore, vivere per amore, vivere con amore come amava dire Lorena D’Alessandro, sorella del Rinnovamento, di cui si è ricordata la recente promulgazione a Venerabile Serva di Dio.

Nell’omelia della Concelebrazione Eucaristica conclusiva, il card. Angelo De Donatis, penitenziere maggiore e vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, nell’esortare a portare frutto, sempre e ad ogni costo, rimanendo fondati in Cristo, ha richiamato l’immagine della vite e dei tralci, evidenziando come alcune potature si rendano necessarie per portare ancora più frutto. Questo comprende: i grandi numeri, la pesantezza delle strutture, il protagonismo individuale. Siamo chiamati a diventare piccoli, agili, sinodali, autentici. “Viviamo in un momento favorevole perché è Dio che guida la storia”.